MAGNIFICAT
Descrizione
Le brucianti parole di Alda Merini raccolte nel libretto Magnificat suscitano una vibrante interpretazione da parte di Arianna Scommegna che sa restituire tutta la carnalità, tutta l’intimità e tutta la sorprendente immedesimazione della poetessa milanese nei panni della Vergine Maria. Nel Magnificat di Alda Merini, l'umanità di Maria fa emergere una potente contraddizione: la vastità del divino sa trovare spazio in un corpo, e per giunta nel corpo di una ragazzina. Così incontriamo lo spavento e la speranza, lo sgomento e lo stupore, il dubbio e la certezza di quella che sarà la madre di Dio. Questo contrasto trova il suo compimento nell'accettazione del Mistero. La poesia di Alda Merini, nelle parole di Maria, riesce infatti a far coesistere lo smarrimento presente, il ricordo dell'innocenza passata e la dolorosa consapevolezza dell'avvenire. Maria è, nel medesimo tempo, se stessa, la ragazzina che era e la madre di Dio che sarà. Un cortocircuito vertiginoso e inafferrabile.
MAGNIFICAT è nel progetto Madonna Nera.
Un’ importante azione culturale pensata per rielaborare teatralmente, con grande rispetto, la devozione della nostra Madonna Nera, poichè non vuole essere una questione solo religiosa, ma un fatto, un’appartenenza culturale che determina l’identità di questo luogo. L'affluenza al Santuario di Tindari annualmente coinvolge migliaia di visitatori che il giorno dello spettacolo dedicato alla Madonna Nera, cercheremo di portare in Teatro e creare nuovo pubblico.
Data
25 August - Ore 23:00Reviews
Magnificat di Alda Merini con Arianna Scommegna
Magnificat
Di Alda Merini con Arianna Scommegna, regia di Paolo Bignamini
Visto al Teatro Ringhiera il 20 dicembre 2016
“Magnificat” è la prima parola che Maria rivolge alla cugina Elisabetta, incinta, andando a trovarla dopo l’Annunciazione (Vangelo di Luca, 1, 39-55): entrambe sono accomunate da una gravidanza miracolosa e la maternità è il tema centrale di questo episodio. Elisabetta avverte dentro di sé il suo bambino, Giovanni, sussultare alla presenza di Maria, e la saluta come futura madre di Gesù. Maria a sua volta risponde così: “L’anima mia magnifica il Signore...”. Queste parole sono diventate una preghiera che a sua volta ha ispirato musicisti e poeti di ogni tempo: oltre a celeberrimi Magnificat di autori classici come Bach o Vivaldi, tra i più recenti basti citare Erri de Luca (Nel nome della madre, 2006), e la poetessa milanese Alda Merini. Quest’ultima nel Magnificat (2002) offre una visione della maternità del tutto personale, anticonformista, mistica e laica al tempo stesso. Poesia incisiva, potente, e tuttavia non facile da mettere in scena, sotto forma di monologo: per esperienza personale dopo tanti recital deludenti confesso che sono diffidente, per non dire prevenuta. Simili operazioni raramente mi convincono fino in fondo, senza effetti collaterali come la retorica o la noia in agguato. Per questo mi sembra da premiare il coraggio dell’Atir Ringhiera, che ha dedicato alla poesia diversi appuntamenti di fila: il primo intitolato provocatoriamente “A cosa serve la poesia. Canti per la vita quotidiana”, uno spettacolo (di e con Gianluigi Gherzi e Giuseppe Semeraro) ospitato dal teatro pochi giorni prima del Magnificat, Venerdì 16 dicembre, e seguito la sera stessa dal Ringhiera Poetry Slam: un ‘campionato’ di poesia che ha visto sfidarsi molti giovani talenti, oltre alla stessa Arianna Scommegna che ha recitato, in anteprima, alcuni brani del Magnificat. Ma dopo questo assaggio risulta ancor più stupefacente la coesione e la tenuta dell’intero monologo, in cui l’Attrice per oltre un’ora ci tiene magicamente col fiato sospeso, avvinti a sé, dalla prima parola all’ultima, in modo davvero impressionante: si cala mirabilmente nelle vesti di una Maria adolescente, quasi bambina, poi ragazza-madre e infine Mater Dolorosa, che muore insieme col figlio sulla croce. La sua recitazione è sempre perfettamente equilibrata, mai monotona, capace di alternare toni sublimi e quotidiani, di mantenere alta l’emozione e intatta l’intensità dei versi, evitando qualsiasi affettazione o retorica. La regia è semplice, sobria, efficace, ed è davvero azzeccata la scelta di affiancare a Maria una interlocutrice muta eppure straordinariamente espressiva: la musicista Giulia Bertasi che con la sua fisarmonica sostituisce degnamente Elisabetta e la voce ‘interna’ del bambino. Non c’è modo migliore, credo, di avvicinarsi al Natale. Ma è auspicabile che spettacolo sia ripreso nel nuovo anno, o nella prossima stagione, e faccia il tutto esaurito come merita.
Martina Treu